PIETRO VOGLINO

Brevi nozioni per ben raccogliere e conservare le piante

Herbarium praestat omni icone, lasciò scritto Linneo; e ben a ragione perché la vista di un esemplare, sebbene secco ed anche più o meno sformato, dà sempre una chiara idea dell’aspetto generale della pianta, il che serve alcune volte senz’altro per la classificazione.
Per fare un erbario è necessario però il saper raccogliere e ben preparare le piante, cose del resto abbastanza facili e che qualsiasi cultore di Botanica potrà facilmente eseguire.
Per andare in cerca delle piante da mettersi nell’ Erbario, ossia, come comunemente si dice, per erborare, sono necessari diversi strumenti.
Anzitutto sarebbe necessaria un’opera poco voluminosa sulla flora del paese, per determinare provvisoriamente le specie che si trovano; in secondo luogo è indispensabile una vanghetta di ferro per levare le piante dalla terra con le radici: questa vanghetta può poi variare molto di forma, purchè sia forte e nel tempo stesso leggera: la forma, secondo me, più adatta, è l’ovale colla parte inferiore terminante in una punta leggermente acuminata. Riguardo al manico è necessario che sia di legno, lungo circa 50 centimetri, atto ad essere smontato, di maniera che durante il viaggio si abbia in una busta di corame la vanghetta e, lateralmente ad essa, il manico. Oltre a ciò sarà sempre necessario avere un coltello grande e forte, fatto a ronco e da chiudere, per tagliare i rametti degli alberi e arboscelli o certe piante che non si vogliono sradicare.
Finalmente è indispensabile un vascolo1 (vas Dillenianum) o scatola in latta, di forma elittica, tinta ad olio di un color bianco internamente e verde o bigio-chiaro fuori, lunga circa 50 centimetri, munita d’una grande apertura con coperchio a cerniera un po’ più grande in tutti i sensi dell’apertura, da potersi chiudere con un lucchetto, e portante due anelli per applicarvi una cinghia di cuoio piuttosto larga per portarla a tracolla. Alcuni poi consigliano di aggiungere ad una estremità un piccolo scompartimento indipendente, di pochi centimetri di profondità, con un coperchio da aprirsi esteriormente, per poter così distinguere le piante molto piccole dalle altre.
Levate le piante dal suolo e ripulite bene le loro radici dalla terra, si mettono entro al vascolo ove si conservano fresche per qualche giorno, qualora però si abbia cura di versarvi sopra  di tanto in tanto qualche po’ d’acqua. Siccome però un gran numero di piante (Geranium, Cistus, Linum ecc.) lasciano cadere facilmente i loro petali e restano quindi prive del loro principale ornamento, ed altre hanno le foglie che facilmente si accartocciano o si restringono più o meno, e può succedere anche che, visitando luoghi molto ricchi di piante, il vascolo sia presto pieno e si sia costretti a non poter più raccogliere per non sapere ove mettere gli esemplari, così per ovviare a tutti questi inconvenienti viene generalmente adoperato una specie di torchio portatile, costituito d’ un buon numero di fogli di carta bibula compressi mediante due assicine di legno dello stesso formato che si possono serrare con due corregge di cuoio. In questa maniera si possono subito collocare le piante fra la carta.
Invece del vascolo puossi anche usare una cesta di vimini od una tasca di tela, ma non corrispondono così bene allo scopo.
Nelle escursioni che si possono compiere in poche ore, si potrà anche adoperare il fazzoletto od avvolgere le piante l’una vicina all’altra in un foglio di carta resistente o meglio ancora in un foglio di pergamena vegetale.
Riguardo alla raccolta delle piante, bisognerebbe farla mentre esse non sono bagnate né dalla pioggia né dalla rugiada e ciò si potrà benissimo eseguire nelle brevi escursioni, ma nei lunghi viaggi, in cui può succedere  che passando per un luogo ove più non si ritornerà si trovino delle belle piante, sebbene umide converrà raccoglierle, avendo però cura di asciugarle con carta bibula prima di metterle nel vascolo.
Le piante devono essere raccolte con cura, badando specialmente di non staccarle mai colle mani dal suolo, perché nel maggior numero dei casi si lasciano le radici entro terra.
Le Liliacee, le Orchidee ed in generale tutte le piante con radice bulbosa, richiedono grande attenzione nel toglierle dal suolo essendo per solito i bulbi molto profondi.
Gli esemplari che si raccolgono devono essere più completi che sia possibile vale a dire con radice, foglie, fiori e frutti; se la radice poi  o il fusto fossero troppo grossi, allora basterà prenderne dei pezzi. Quando i fiori maturano a grande distanza dai frutti, allora si dovrà raccogliere un esemplare coi fiori e poi tornare a prenderne un altro coi frutti; così pure di certe piante come il Colchicum autumnale, in cui si sviluppano prima i fiori e poi le foglie, si dovranno raccogliere doppi esemplari, il che sarà pure necessario fare per le piante dioiche (a sessi separati) e cioè si dovranno raccogliere esemplari con fiori maschili ed altri con fiori femminili.
Di ritorno da un’escursione fà d’uopo (qualora non si abbia già fatto qualche cosa durante il viaggio) occuparsi senz’altro di classificare e seccare le piante.
Per seccare le piante i botanici suggeriscono diversi metodi, ma io accennerò anzitutto al più semplice, a quello dal quale ho avuto i più felici risultati anche per gli esemplari della mia Flora Alpina che furono sinora giudicati riuscitissimi.
Volendo seguire questo metodo, è necessario disporre gli esemplari su fogli di carta bibula bianca senza colla, in modo che le foglie e tutte le parti del fiore siano bene spiegate, il che si può ottenere piantandovi per traverso degli aghi posti su listerelle di carta ed anche tenendo la parte leggermente compressa colla mano finchè vi si disponga sopra i fogli successivi2.
Disposti così alcuni esemplari od uno solo, a seconda del formato della carta, vi si pongono sopra cinque o sei fogli di carta  bibula ordinaria (cuscinetto); su questo primo cuscinetto si pone un altro foglio di carta bibula bianca con entro altre piante, poi un altro cuscinetto e così via, finchè tutte le piante siano così preparate. Fatto ciò, si mette il tutto sotto pressione, la quale si può ottenere o per mezzo di grossi sassi o meglio per mezzo di un torchio, sia di legno, che di ferro, nel qual caso si possono anche adoperare dei copia-lettere piuttosto grandi.
Messe sotto pressione, la quale però non deve essere troppo forte, si lasciano così non più di due o tre ore, poi si cambiano tutti i cuscinetti e così si fa per i primi due o tre giorni; dopo si cambiano ogni cinque o sei ore, finchè, quando si vede che incominciano ad essere secche3, ogni dodici ore o poco più. Siccome durante la notte non si potrebbe attendere a queste operazioni, così basterà cambiare i cuscinetti ad ora più tarda che sia possibile ed al mattino di buon'ora.
Per accelerare la disseccazione si possono anche portare i torchi al sole od in un luogo ove esistano forti correnti d’aria.
Un altro metodo abbastanza facile e speditivo è quello proposto dal colonnello Bory de Saint-Vincent detto coquette ed intorno al quale citerò ciò che dice il Cocconi nella Prefazione della sua Flora Bolognese p. 9  «Si sceglie una tavoletta di legno della stessa grandezza del formato dell’erbario che si vuol fare o rendere completo: il legno di faggio sembra essere il migliore. La grossezza di questa tavoletta deve essere abbastanza grande, onde evitare che possa piegarsi o rompersi; deve essere un po’ convessa nel mezzo, affine di presentare una resistenza sufficiente allo sforzo che deve esercitarsi sui due lati più lunghi di questo parallelogrammo. Si fissa solidamente lungo uno di questi lati e per mezzo di piccoli chiodi un pezzo di tela forte e grossolana da imballaggio, alcune dita traverse più larga della larghezza della tavoletta; si fa cucire solidamente sul lato libero del pezzo di tela una verga di ferro della grossezza di circa un dito mignolo, all’estremità della quale sono fissate due correggie, sia di cuoio, sia di tessuto robusto da servire a chiudere fra la tela e la tavoletta le piante che si collocano le une sulle altre, ciascuna fra 10 o 12 fogli di carta asciugante, per mezzo di due buone fibbie fissate alla parte inferiore della tavoletta sul lato opposto a quello che tiene ferma la tela.
L’apparecchio così disposto e quando vi sono collocati 10 o 20 esemplari di piante nel modo suindicato, deve avere inoltre, alle due estremità ancora libere della tela, degli occhielli formati da piccoli anelli in ferro, onde evitare ogni lacerazione. Questi anelli corrispondono ad uncini in numero di (5 o 6) fissati nei margini più stretti (superiore od inferiore) della tavoletta. Gli uni e gli altri sono destinati, per mezzo di uno spago di sufficiente grossezza, che si passa alternativamente dagli anelli agli uncini e da questi agli anelli, a tenere di nuovo la tela nel senso in cui l’effetto della Spranghetta longitudinale di ferro non si farebbe che debolmente sentire. Avuta la precauzione di crivellare la tavoletta di legno con una grande quantità di fori per mezzo di un piccolo trapano, l’evaporazione dell’umidità delle piante ha luogo in tutti i sensi, qualunque sia la pressione. L’apparecchio così disposto, collocato al sole dà un risultato di prosciugamento straordinariamente rapido».
Tra gli altri metodi di minore importanza citerò anzitutto quello che il signor Schelivsky accenna nel suo Anleitung Czur onservirung der ‘Pflanzen, col quale egli dice che le piante conservano non solo i loro colori naturali, la loro elasticità e plasticità, ma sono al medesimo tempo al riparo dagli attacchi degli insetti.                                             
Questo metodo consiste nel seccare prima un po’ le piante fra carta bibula e sotto pressione, poi nell’immergerle in una soluzione alcolica di sublimato corrosivo o di bicloruro di mercurio (15 a 20 grammi per un litro d’alcool a 36°) e poi nel riasciugarle con carta bibula e seccarle del tutto mettendole fra cuscinetti sotto un torchio.
Alcuni poi consigliano di disporre le piante già messe nella carta bibula matrice fra due strati di sabbia, dei quali il superiore più alto, e trasportare il tutto al sole, ma anche questo metodo è poco da consigliarsi perché richiede troppo spazio.
Il signor Bönninghausen consigliava di infiltrare le piante con olio, il signor Hünefeld di asciugare le piante sotto la macchina pneumatica, e di circondarle (in una temperatura gradatamente innalzata) con polvere asciugante di licopodio o cloruro di calce per assorbire l’umidità, metodi però messi ora del tutto in dimenticanza.
Siccome poi, specialmente a chi non abbia pratica abbastanza, può succedere durante l’essiccazione, che i fiori perdano i loro colori naturali, così credo utile citare due metodi, coi quali si può far tornare il colore ai fiori scolorati. Il primo consiste nell’immergere un pezzo di carta bibula in una soluzione di acido azotico più o meno concentrata a seconda che il fiore è più o meno scolorito, poscia vi si colloca sopra l’esemplare rovinato, si ricopre il tutto con parecchi fogli di carta bibula e si sottopone ad una leggera pressione.
Il secondo, che può servire anche a preservare le piante dall’attacco degli insetti, consiste nel mettere le piante in una cassa nel cui interno vi sia dello zolfo che brucia.
Quando le piante sono perfettamente secche, si mettono entro fogli di carta forte e con colla, fissandoveli o con aghi o con listerelle di carta, avendo cura di collocare sotto a ciascuna il nome scientifico, volgare, la località e la data della raccolta.
Disposti in tal modo tutti gli esemplari, si raggrupperanno tutte le specie appartenenti ad un medesimo genere; così tutti i generi di una stessa famiglia, ed all’esterno di ogni foglio che tiene uniti i generi o le famiglie, si scriverà dalla parte sinistra o destra il nome relativo: si formeranno così a seconda della ricchezza delle specie diversi pacchi i quali costituiscono appunto l’erbario.
Fatto l’erbario bisogna curare la sua conservazione e per ottenere questa, basterà usare un pò di cura e seguire alcune facili norme delle quali avendone già parlato nella Prefazione della mia Flora Alpina credo opportuno riportare ciò che dissi.
I pacchi di un Erbario devono essere anzitutto posti come i libri, verticalmente od orizzontalmente sui palchetti, od anche nei cassetti di un armadio ben chiuso (perché non v’entri polvere) formato di legno scevro da tarli e soprattutto collocato in un luogo asciutto, ma non troppo caldo. «Le piante, come ben dice il Chiar. Prof. Caruel, nella Guida del Botanico principiante «seccate bene, fissate con cura sulla carta e poste al sicuro dall’umidità, per cui potrebbero ammuffire, dalla polvere e dal soverchio caldo che le sciupano del pari, si conservano inalterate per secoli, purché siano guardate dall’attacco degli insetti, che ne sono i più temuti nemici».
Fra i diversi metodi che possonsi usare per preservare gli esemplari d’un Erbario dall’attacco degli insetti, o per scacciarneli qualora vi fossero, quello più usato nei Laboratori botanici si è l’avvelenamento con sublimato corrosivo.
Per fa ciò si prende un tegame di maiolica poco profondo e grande come gli esemplari da avvelenarsi, si riempie di una soluzione di sublimato corrosivo ed alcool, fatta nella proporzione indicata in appresso. Ottenuta la soluzione si prende ciascuna pianta con una pinzetta e ve la si tuffa, lasciandovela per circa 30 secondi, poi si leva, si asciuga mediante una leggera pressione fra due fogli di carta bibula, e si riattacca al cartoncino. Per le piante più gracili, e che perciò poste nel liquido si accartoccerebbero, è necessario adagiarle su d’una lastrina di vetro, e farvi scorrere sopra la soluzione con un pennello piuttosto largo.
Le proporzioni degli ingredienti che furono trovate le più opportune sono, secondo Cloèz e secondo il Prof. Saccardo e come ho potuto io stesso esperimentare:

Bicloruro di mercurio (Sublimato corrosivo) polverizzato 28grammi
Cloruro di ammonio (Sale ammoniaco) » 12»
Alcool ordinario (p. es. a 65°)   1litro

Al tutto si può aggiungere poi una quinta o sesta parte d’acqua.
Credo inutile l’avvertire che trattandosi di sostanze molto velenose, è necessario usare grande cura affinché non abbiano a succedere gravi disgrazie.
Non sempre però si hanno con questo mezzo sicuri risultati, trovandosi alcune volte delle piante poco permeabili che, benchè bagnate nella predetta soluzione, diventano, almeno parzialmente, preda degli insetti.
Alcuni autori propongono di mettere nell’interno degli Erbari, del Calomelano, dell’essenza di Trementina, della Canfora, della Carbolina ecc; sono tutte sostanze che danno risultati pochissimo favorevoli, o riescono alcune volte dannose a chi le adopera.
Il signor G. Capus nella sua Guide du Naturaliste préparateur, propone di adoperare, come mezzo distruttivo degli insetti, il solfuro di carbonio. Per usare questo metodo è necessario avere una cassetta di legno, entro la quale si pone l’Erbario da avvelenare, avendo cura di versare tra i cartoncini che contengono le piante, un po’ di solfuro di carbonio, o di metterne entro ad un vasetto vicino all’Erbario. Si chiude ermeticamente la cassetta e la si espone in un luogo ove le esalazioni di solfuro di carbonio non possano far male, e sempre lontano da qualsiasi fuoco. È infatti noto che la respirazione dei vapori del solfuro di carbonio cagiona rapidamente una specie di ubbriachezza seguita da insensibilità, ed oltre a ciò che gli stessi, mescolati all’aria, detonano all’avvicinare un corpo in combustione.
In quanto alla quantità da adoperarsi, il signor Capus dice, che 100 gr. sono sufficienti per 1000 piante, in media insomma 12 gr. bastano per 100 piante, essendo poi sicuri del risultato.
Alcuno potrebbe dire che mettendo il solfuro di carbonio fra i cartoncini, questi potrebbero rovinarsi, ma secondo quanto dice il signor Capus, il solfuro di carbonio non produce alcuna macchia, nemmeno sulla carta bianca.
Adoperando questo mezzo o qualsiasi altro, è però sempre necessario di visitare l’Erbario, e star sempre attenti affinché non abbia ad essere sede prediletta di qualche insetto, nel qual caso fa mestieri ripetere l’avvelenamento.

1 Se ne trovano vendibili al prezzo di L. 2, 2.50, 3, 3.50, 4, 4.50 presso lo Stabilimento Agrario Enrico Barbero, Torino, via Urbano Rattazzi 5.

2 Per le piante poi a petali numerosi  e che quindi si sovrappongono gli uni agli altri perdendo così il loro bel colorito, sarà necessario porre fra i petali un po’ di bambagia o dei pezzetti di carta. Per quanto concerne i bulbi, i tubercoli e certe grosse radici, sarà necessario tagliarli per metà e disseccarne una sola porzione.
Per le piante viscose onde evitare che si attacchino alla carta bibula si potrà prima metterle fra due fogli spalmati di olio; riguardo infine alle piante grasse quali Saxifraga, Sedum ecc. che si disseccano molto difficilmente e continuano alcune volte a vegetare nell’Erbario stesso, sarà necessario immergerle per un certo tempo nell’acqua bollente, il che si dovrà pur fare per le piante a foglie che si distaccano molto facilmente dopo secche, quali, Eriche, Abeti ecc.

3 Una pianta è secca quando sollevandola per una estremità in posizione orizzontale, non si piega.